Cancionistas
Le Paladine Argentine dell’Emancipazione Femminile
La Donna nei Racconti delle Letras
Ci sono dei pareri discordanti sul fatto se il tango sia nato nell’ambiente postribolare oppure se vi sia stato introdotto in un secondo momento. Comunque sia, è certo che esso ha vissuto una tappa della propria storia in stretto legame con i bordelli, e questo dato viene confermato dai testi dei primi tanghi in cui vengono raccontate delle situazioni caratteristiche per questi ambienti[1].
Dalle letras di alcuni brani del primo Novecento ci arriva la notizia che le donne che ballavano il tango e esercitavano il mestiere di prostitute vivevano di solito con un uomo, il cafishio o a volte anche il compadrito, con cui avevano una relazione sentimentale, e che si assumeva il ruolo di protettore impossessandosi del denaro prodotto del lavoro della donna. Fra i tanghi, da autori ancora anonimi, che descrivono questi rapporti morbosi e svantaggiati per la donna, sono da ricordare El portenito, El taita, Dame la lata, Los canfinfleros.
È avvenuto un cambiamento in questo contesto a partire dagli anni Dieci del Novecento con l’apertura dei cabaret e con lo spostamento geografico del tango dalla orilla al centro della città. In questo periodo gli uomini di alta classe non frequentavano più i bordelli della periferia ma intrattenevano dei rapporti extraconiugali con le prostitute nei cabaret, le quali diventavano spesso delle amanti fisse e vivevano come ospiti nella garçonnière del loro protettore.
Risalgono a questo periodo i primi tanghi che raccontano l’abbandono dell’uomo da parte della sua amante, la quale ha deciso di andarsene per rispondere al desiderio di un’ascesa di tipo sociale e economico. Questo genere di testo è proliferato dal 1917, anno in cui Carlos Gardel ha registrato Mi noche triste considerato il primo tango-canción della storia, e che introduce fra gli argomenti dei testi del tango due figure: quello del varón amurao, uomo imprigionato nell’amore, e quello della donna traditrice. Questi testi apparentemente raccontano la disgrazia di un uomo che perde il suo amore, ma in realtà rappresentano la rottura di un vincolo di subordinazione.
Anche secondo Viladrich a partire da questo momento molti dei testi del tango rappresentano due figure stereotipate, che sono quella della milonguita – giovane donna raffinata e seducente che aspira ad un’ascesa sociale ballando tango e vendendo il proprio corpo – e quello dell’uomo tormentato – che dal compadrito, ossia dal violento ruffiano della fine dell’Ottocento si è trasformato in un amante lamentoso che abusa di alcol e sigarette per dimenticare il dolore e il disonore arrecatogli dalla perdita della donna[2].
Questi tanghi rappresentano la donna come vittima dell’illusione di una vita facile, scelta che alla fine porta alla caduta in disgrazia e solitudine della protagonista. Sono emblematici del genere tanghi come Griseta, Carne de cabaret, Muñeca brava, Flor de fango, Margot, in cui il narratore si esprime tra atteggiamento di condanna e compassione per la triste fine della donna.
Ritornando a Viladrich, l’autrice sostiene che i testi dei tanghi in realtà non condannavano soltanto la scelta di queste donne di una vita immorale, ma anche, e soprattutto la loro volontà di mobilità sociale che apriva loro la via per diventare padrone del proprio destino fuori dalla casa di nascita e dal quartiere d’origine. È da prendere in considerazione il fatto che in Argentina già nel primo decennio del Novecento era concesso il divorzio e nel secondo alle donne era concesso di concludere contratti e operazioni commerciali senza l’autorizzazione del padre o il marito.
Dalla fine degli anni Venti la condanna nei confronti dei caratteri femminili dei tanghi è stata attenuata e si è trasformata in autocritica – ne sono degli esempi il tango Percal di Homero Expósito e Sentimiento gaucho di Pasqual Contursi – fino ad arrivare negli anni Quaranta a dei brani dove i poeti raccontano (spesso in maniera autobiografica) le storie di innamoramento totale dell’uomo in donne ormai spogliate dalle vesti di manipolatrici. Fra i più famosi si possono citare Ninguna e Malena di Homero Manzi, Gricel di José María Contursi, testi in cui “la donna diventa destinataria di un amore sublime, anima unica e insostituibile”[3].
L’Avvento Innovativo delle Cancionistas
Ritornando agli anni Venti, mentre i tentativi delle donne delle letras dei tanghi per un’ascesa sociale venivano moralmente condannati, nella realtà molte donne provenienti dagli strati poveri della società si erano avventurate in tentativi di una carriera nel mondo del tango ottenendo dei grandi successi. Si tratta delle cosiddette cancionistas che fra gli anni Venti e gli anni Trenta, grazie alla diffusione della radio e del cinema, avevano raggiunto una popolarità che superava di gran lunga quella dei cantanti di genere maschile. A partire dal 1923 cancionistas come Rosita Quiroga e Azucena Maizani si sono presentate sul palcoscenico con uno stile performativo proprio, proponendo contemporaneamente un nuovo modello di femminilità che sarà largamente accettato dal pubblico femminile e che lascerà un’impronta nella costruzione dell’immagine della donna moderna in Argentina. Pellarolo dichiara che
L’interazione delle cantanti di tango con il loro pubblico femminile è servita come anteprima per il pubblico (e politico) rafforzamento delle donne della classe operaia, che successivamente si sarà sviluppato in grande forza politica e sociale negli ultimi anni della decade dei ’40 con Eva Peron. [4].
Per affrontare il pregiudizio che vedeva il palcoscenico come luogo riservato agli uomini, inizialmente las cancionistas avevano adottato per le esibizioni pubbliche l’espediente del travestimento. È emblematico in questo senso il caso di Azucena Maizani, che si presentava sul podio vestita da compadrito, e iniziava le proprie esibizioni con l’introduzione in cui si rivolgeva al pubblico con “Yo soy el tango, señores” (Io sono il tango, signori). Il travestimento, comunque, secondo Viladrich, non riguardava soltanto l’abbigliamento, ma soprattutto il fatto che las cancionistas interpretavano dei brani i cui testi erano stati scritti per essere cantati da uomini, introducendo in questo modo la dissociazione tra i versi dei tanghi e il genere dell’interprete[5].
Altre donne del mondo del tango-canción passate alla storia, ognuna promuovendo un’immagine artistica e di femminilità proprie, sono Libertad Lamarque, Mercedes Simone, Ada Falcón, Tita Merello. Quest’ultima aveva lanciato un’altra sfida ai cliché di femminilità promosse dalla società borghese di inizio Novecento, reintroducendo la figura della milonguita ma nella versione del personaggio che non teme le sue umili origini, ma addirittura le mette in risalto, creando l’immagine romantica di un’eroina della classe operaia. Viladrich dichiara che con questo
Tita ha risuscitato la battuta milonguita dimostrando che il sogno di ascesa sociale poteva diventare realtà anche per arrabaleras come lei, che non dipendevano da spietati sfruttatori, ne dovevano ritornare ai loro poveri quartieri a causa dell’inevitabile sconfitta. [6].
Bibliografia:
[1] Fumagalli, Monica, Maria, Le donne e il tango. Angeli del focolare, demoni dei cabaret, Stoccarda, Abrazos, 2014.
[2] Viladrich, Anahí. Neither Virgins nor Whores: Tango Lyrics and Gender Representations in the Tango World, in “The Journal of Popular Culture”, Vol. 39, n. 2, 2006, pp. 272-292, pp. 277-278.
[3] Fumagalli, Monica, Maria, Le donne e il tango. Angeli del focolare, demoni dei cabaret, cit., p. 30.
[4] Pellarolo, Sirena. Queering Tango: Glitches in the Hetero-National Matrix of a Liminal Cultural Production in “Theatre Journal”, Vol. 60, n. 3, Ottobre 2008, pp. 409-431, p. 410.
[5] Viladrich, Anahí. Neither Virgins nor Whores: Tango Lyrics and Gender Representations in the Tango World , cit.
[6] Ivi., p. 284.
Cancionistas – Le Paladine Argentine dell’Emancipazione Femminile
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